di Americo Mascarucci

Non si placano in Francia le proteste seguite all’uccisione del 17enne Nahel da parte di un poliziotto durante un controllo stradale. L’ondata di proteste vede protagonisti soprattutto giovani figli di immigrati come lo era il ragazzo ucciso. Ora si teme che questa tensione possa estendersi anche in altri Paesi, Italia compresa dove le difficoltà di integrazione non mancano. Un timore che il filosofo Paolo Becchi vede molto concreto come spiega in questa intervista.

Professore, cosa significa quello che sta accadendo in Francia?

“Il dato evidente è il fallimento del multiculturalismo su cui si è creato un lungo dibattito filosofico, che si è trascinato per anni e che ha coinvolto i più autorevoli pensatori contemporanei, da Habermas in giù. Habermas in particolare sosteneva il cosiddetto “patriottismo costituzionale”, ovvero l’assimilazione delle diverse culture tramite l’adesione alla costituzione. Le rivolte di questi giorni mi pare dimostrino in modo chiaro che la società multiculturale non funziona e che è molto difficile da costruire. Del resto da quello che ci dicono i media, ad animare le rivolte sono figli di immigrati che non si sentono francesi pur avendo la cittadinanza. Immigrati di seconda e terza generazione che non si sono mai effettivamente integrati pur essendo nati e cresciuti in Francia. Evidentemente faticano ad identificarsi nei modelli culturali della società francese. Devo ammettere che forse gli ideologi cosiddetti neocomunitari avevano ragione su quelli che propugnavano la società multiculturale, nel momento in cui sostenevano che gli individui sin da quando nascono appartengono ad una propria comunità con una specifica cultura di riferimento, fatto questo che rende molto complicata, o addirittura impossibile, l’assimilazione con culture diverse”.

Quindi?

“Dobbiamo prendere atto che siamo dentro la crisi di un modello che si pensava dover rappresentare la società del futuro, basata sull’ incontro e l’assimilazione di culture differenti che convivono pacificamente facendo emergere i punti in comune. Poi c’è un altro aspetto da considerare”.

Quale?

“C’è un secondo problema, che non riguarda più la società ma lo Stato. Stiamo andando verso uno Stato meticcio dove teoricamente tutti sono francesi, ma dove poi nei fatti il magrebino che ha la cittadinanza continua a considerarsi diverso dal francese puro. A questo punto lo Stato non ha più una sua identità e nel contempo non riesce a far convivere elementi diversi”.

Secondo lei come si può rimediare a tutto questo?

“Difficile rispondere. Oggi è oggettivamente impossibile fare le rivoluzioni, ma le rabbie continueranno comunque a crescere e a degenerare. Un ragazzo di 17 anni è stato ucciso da un poliziotto nella civilissima Francia non in un Paese totalitario dove vige uno Stato di polizia: un fatto decisamente molto grave che non può però giustificare una reazione fatta di rivolte, saccheggi, violenze. Le nostre società sembrano addormentate, poi basta una scintilla a far esplodere la rabbia che cova sotto la cenere, con lo Stato che si trova a gestire situazioni destinate a sfuggirgli di mano. Temo che questi episodi saranno molto ricorrenti in futuro”.

Teme che anche in Italia si potrà arrivare a vivere situazioni simili?

“I dati dell’immigrazione clandestina ci dicono che gli sbarchi sono aumentati rispetto al periodo in cui c’era Draghi. Il fatto che non se ne parli e non sia considerato più un problema, fa sorgere il legittimo sospetto che le emergenze sono costruite ad arte a seconda di chi governa. Per la destra l’immigrazione è un’emergenza quando sta all’opposizione e smette di esserlo quando va al governo?  Se questa immigrazione continuerà a crescere a livelli esponenziali temo che sarà inevitabile assistere a scene come quelle che stiamo vedendo in Francia. Perché di fronte a persone che arrivano, non hanno lavoro, vivono ai margini della società, in mezzo al degrado, magari ammassate in cinquanta in pochi metri quadri, come si può pensare che la rabbia non esploda? Quindi attenzione a non sottovalutare il problema, perché siamo il Paese più esposto sul fronte dell’immigrazione, con l’Europa che continua a non venirci incontro. Non mi pare che l’attuale governo abbia avuto molto successo da questo punto di vista. Eppoi non dimentichiamo l’altro grande problema strettamente collegato con l’immigrazione clandestina che è quello della crisi della natalità”.

Perché li ritiene collegati?

“Perché gli immigrati che arrivano continuano a fare figli, diversamente dagli italiani che invece non ne fanno più e questo a lungo andare comporterà inevitabilmente un incremento della popolazione straniera rispetto a quella italiana. E aumenteranno di conseguenza i contrasti culturali e anche le difficoltà di integrazione e di convivenza che sono già molto difficili come dimostrato in diverse occasioni. Ma basta girare in alcuni quartieri delle nostre città per rendersi conto di come ormai siano popolate principalmente da stranieri, né più né meno come nelle banlieue francesi. Forse bisognerebbe concentrarsi di più sulle politiche di sostegno alla natalità. Giusto condannare la maternità surrogata, ma oltre a questo ritengo fondamentale dare sostegni concreti alla maternità, con i fatti e non soltanto con gli slogan. E contemporaneamente serve regolare i flussi migratori. Il fatto che non si parli più dell’emergenza immigrazione non vuol dire che non ci sia. I numeri ci dicono altro”.

Però al governo c’è il centrodestra, e c’è la Lega che della lotta all’immigrazione clandestina ha fatto il suo cavallo di battaglia. Quindi?

“E’ quello che mi chiedo anche io, che mi sono permesso di ironizzare sull’attenzione a mio modo eccessiva riservata dal ministro Salvini ai monopattini nelle nostre città, quando invece di immigrazione non si parla più. Dalla destra francamente mi aspetterei grandi cambiamenti culturali che però fatico a vedere. Sarà anche interessante parlare di D’Annunzio e di Marinetti, riscoprire il Futurismo, ma non dobbiamo guardare al passato, con tutta la stima e l’ammirazione per D’Annunzio e su ciò che ha rappresentato. Ma il cambio culturale si deve fare sulle cose concrete iniziando proprio dal sostegno alla natalità e dal controllo dell’immigrazione”

fonte:

Di BasNews

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