Salvatore A. Bravo
“Servono più armi, dobbiamo produrne come fatto con i vaccini” è l’affermazione del Presidente della Commissione europea Ursula von del Leyen. La Presidente accosta le armi ai vaccini, pone la loro produzione massiccia sullo stesso piano. Per vaccini è indagata dai tribunali belgi per lo scambio di messaggi privati con l’amministratore delegato della casa farmaceutica Pfizer.
Il tono trionfalistico della Presidente resta ed è evidente. Tra armi e vaccini non vi sono differenze ontologiche o etiche, ma essi in modo eguale e senza differenze devono essere prodotti. Il capitalismo conosce solo la logica della produzione, la qualità e il fine ultimo delle merci è indifferente. L’aver posto nello stesso discorso la produzione di vaccini e di armi non può che farci pensare allo stato dell’attuale democrazia europea. Le armi sono prodotte dalle multinazionali e il loro fine è la guerra, i vaccini in linea teorica dovrebbero difendere la vita, eppure anch’essi sono accostati alle armi, le multinazionali del farmaco ancora una volta regnano, mentre i bilanci finalizzati alla sanità pubblica si assottigliano e privatizzano. Le guerre hanno un costo che pagano i popoli. L’Europa nei disegni di Ursula von del Leyen sarà il continente che mentre naturalizza i terrreni agricoli, obbligando gli agricoltori a contrarre la produzione con la Nature restoration law, diventerà produttore di soli vaccini e armi. La dipendenza alimentare sarà compensata con gli insetti divenuti la nuova frontiera alimentare europea. La fortezza Europa produrrà armi per presunte aggressioni che verranno “tutte da Est” e vaccini con il rischio “obbligo” che abbiamo già vissuto. L’Europa dunque terra di guerra, da continente dell’umanesimo si sta trasformando nella terra delle guerre. La Civiltà europea declina inesorabilmente tra conflitti, obblighi e divieti.
L’aggressività del neoliberismo, è bene chiamarlo col suo vero nome, capitalismo, è dinanzi a noi. Alla crisi economica strutturale del capitalismo l’Europa reagisce con l’alleanza, una stretta mortale, con gli Stati Uniti e con la produzione di armi e vaccini. Per il cibo insetti per tutti, sono proteici, naturalmente nel “tutti” non sono contemplati gli aristocratici della finanza, loro potranno continuare a consumare cibo tradizionale, per la sanità servizi privati e multinazionali, per sostenere l’impatto della crisi la produzione a ciclo continuo di armi. Il capitale è fonte di morte, essa è ovunque intorno a noi. Si vuole rinaturalizzare uccidendo l’agricoltura, dopo aver cannibalizzato il pianeta, si punta sulla “difesa”: i russi potrebbero muovere guerra da un momento all’altro; i vaccini anch’essi sono parte della produzione difensiva, in quanto gli esperti già prevedono nuove ondate pandemiche. L’Europa del terrore è qui, è nella sua evidenza, è senza veli, eppure c’è chi non vuol vedere e sentire e continua a pensare all’Europa come un dogma e una verità noumenica dalla quale non si può pensare l’uscita per rifondare una intera civiltà su un asse comunista e libertario. Non la libertà del capitalismo, cioè il valore di scambio, ma la libertà degli esseri umani che vivono la loro dignitosa esistenza secondo valori comunitari e nel rispetto delle differenze è il fine del comunismo e della politica. Porre sullo stesso livello armi e vaccini è l’evidenza di ciò che è il capitalismo: irrilevanza di ogni valore, è antiumanesimo che si maschera con le parole del diritto ma pratica la guerra nelle sue forme plurali. L’Europa in guerra perenne, perché il capitale per risolvere le crisi di sovrapproduzione non può che usare la vecchia ricetta del militarismo. Tutto è guerra, durante gli anni del covid il mainstream usava spesso immagini belliciste.
Rosa Luxemburg insieme a Lenin ci hanno insegnato che la guerra è il mezzo per risolvere le crisi capitalistiche: si producono armi, si conquistano nuovi mercati e in tal modo il capitale sopravvive a se stesso mediante l’annichilimento dell’altro:
“Anche dal puro punto di vista economico, il militarismo appare al capitale un mezzo di prim’ordine per la realizzazione del plusvalore, cioè come campo dell’accumulazione[1]”.
Le parole di Rosa Luxemburg sono, oggi, più vere che mai. La pace non porta ricchezza e profitto, si punta sulla guerra e la si giustifica con gli apparati mediatici che “mostruosizzando il nemico” alimentano la spirale del terrore che conduce alla guerra quale unica soluzione. La pace è cancellata dall’immaginazione concettuale, si deve pensare solo in termini di guerra e di capitale. Ben dice Rosa Luxemburg, il capitale non nasce soltanto sudando da tutti i pori sangue e fango, ma li espande, esporta sangue e si nutre del sacrificio immane di lavoratori e di soldati. La notte del mondo è tra di noi, è nel nostro quotidiano, possiamo diventare le sentinelle del nuovo giorno, solo se rompiano la calotta di ghiaccio del politicamente corretto e introduciamo la corrente calda della discussione e della problematizzazione possiamo vedere e vivere l’alba nel presente. Si tratta di agire con la prassi della parola per ricostruire una civiltà che con indifferenza nichilistica si sporge e gioca con l’abisso della guerra e delle menzogne. Bisogna riportare le parole alla loro immanenza con le categorie del materialismo. Il grande compito politico che ci attende è riportare la logica del concreto capace di svelare gli interessi di parte dietro la cortina di ferro delle parole. Il fango e il sangue possono essere neutralizzati dalla difficile logica della verità storica con l’uso pubblico della ragione e dello scandalo etico.
[1] Rosa Luxemburg, L’accumulazione del capitale, PGRECO, Milano 2012, pag. 455
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