So che magari la mia proposta può sembrare priva di supporto giuridico o tecnico. Ma sento in cuor mio di doverla fare. Il 46% della popolazione italiana è contraria al continuo invio di armi all’Ucraina, il 60% ritiene che si debba arrivare a un patto con reciproche cessioni da parte dei diretti contendenti e il 56% vuole che Italia e la Ue si differenzino, si distanzino, si smarchino dalle strategie di Biden che, ormai è evidente, vuole prolungarla all’infinito, fino alla distruzione fisica, militare e politica di Putin.
Il filo conduttore è il no all’escalation. Invece, il 95% della classe politica da destra a sinistra, passando per il Terzo Polo, è totalmente allineata alle direttive Usa e a una Ue incapace di elaborare una minima strategia autonoma.
Che senso ha combattere il pensiero unico, quando poi messi alle strette (dai vaccini al Green, a Kiev), come istituzioni e partiti, lo confermiamo, senza postura critica, senza riflessione autentica, senso dei veri interessi nazionali? Questo è un vulnus inaccettabile.
Da mesi si sostiene che armare Zelensky porti alla pace. A me pare il contrario. Bene che va, ci dovremo rassegnare a una situazione tipo Corea. Ci viene detto quotidianamente che “lo facciamo per i nostri figli”, evitando l’allargamento globale del conflitto (minaccia reiterata dal presidente ucraino nel suo viaggio promozionale europeo, nella famosa conferenza stampa con la “crema istituzionale” del nostro giornalismo non dissidente, ma prono); oppure ci viene detto che lo facciamo (mantra del governo e di gran parte dell’opposizione) “per tutelare e difendere i nostri valori fondanti: l’indipendenza e la libertà”.
Già ieri ho approfondito l’argomento, spiegando che questa indipendenza (sovranità limitata) non ce l’abbiamo mai avuta e sulla libertà potremmo aprire un dibattito destinato a durare secoli (Stato etico sanitario, Stato etico green, atlantismo ed europeismo fideistici).
E’ chiaro che stiamo tornando ad aree imperiali, come da modello precedente alla prima guerra mondiale. Un’area imperiale “euroasiatica” (prima a guida russa, adesso a guida cinese), e un’area “occidentale” di fatto a guida americana. Nuovi imperi che considerano gli Stati nazionali degli optional. La differenza tra le due aree è che la Russia ancora declina e vuole esercitare il potere secondo schemi bellici novecenteschi; gli Usa, invece, comprano gli Stati con l’economia, ad esempio le privatizzazioni. Vogliamo parlare dei miliardi di dollari forniti dal Fmi, dalla Banca mondiale e dalle cancellerie europee a Kiev? E cosa hanno chiesto in cambio?
Ovviamente, tra l’altro, non solo l’ingresso nella Nato, nella Ue, ma le privatizzazioni (sembra la fotocopia della nostra storia nazionale). Tradotto, l’Ucraina non è padrona della sua economia e non è padrona delle sue fonti energetiche. Di quale sovranità stiamo parlando? E noi andiamo a combattere, sostenere una guerra che con i valori sovrani non c’entra nulla?
Visto che per l’ennesima volta abbiamo subìto un terribile evento catastrofico (Emilia-Marche), è palese che siamo la terra dei terremoti, delle esondazioni, della fragilità geografica e morfologica; visto che il cambiamento climatico sta trasformando il nostro paese in una terra equatoriale (siccità, piogge apocalittiche), perché non combattiamo decenni di incuria, di abbandono degli argini, di cura dei boschi e dei letti dei fiumi, modernizzando sul serio la Protezione civile? Perché non scriviamo un piano ambientale italiano, attrezzandoci a governare al meglio le catastrofi naturali, salvaguardando centri abitati, persone, cose e infrastrutture?
Un vero ecologismo, non quello ideologico degli eco-vandali o del partito del no. E non quello dei verdi in realtà militanti del fotovoltaico e delle lobby green, stile Greta.
Come? Semplice: blocchiamo i soldi e i costi delle armi diretti a Kiev e destiniamoli ai nostri fiumi, ai nostri boschi, alle nostre città.
Ricostruiamo l’Italia non l’Ucraina.
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