Gilberto Trombetta
Secondo i dati pubblicati da Confcommercio, a settembre i consumi sono scesi del 2% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.
Rispetto ai primi 9 mesi del 2019 (ultimo anno prima della crisi innescata dai provvedimenti imposti durante il Covid), il calo è ancora più ampio: -5%.
Vale la pena ricordare che i consumi sono una della 4 componenti della domanda aggregata (cioè del reddito nazionale, che poi sarebbe il PIL): spesa pubblica, consumi, investimenti e saldo import/export.
E che ogni variazione di una della 4 componenti (sia in negativo che in positivo), si traduce in una variazione del PIL maggiore a quella dei singoli indicatori. Questo fenomeno si chiama moltiplicatore fiscale (proprio perché la variazione di una delle 4 componenti si riflette moltiplicata sul reddito nazionale, cioè sul PIL).
Il moltiplicatore fiscale è fortemente determinato dalla propensione marginale al consumo (che indica di quanto variano i consumi rispetto alla variazione del reddito disponibile).
I consumi coincidono con la propensione marginale al consumo moltiplicata per il reddito disponibile (che sarebbe poi il reddito meno le tasse).
Anche tassazione e import incidono sul moltiplicatore fiscale, ma (salvo casi limite) solitamente meno di quanto lo faccia la propensione marginale al consumo.
I consumi, alla luce di quanto detto, dipendono ovviamente dal mercato del lavoro (livello di occupazione e redditi).
Se i redditi reali calano, per esempio perché non sono adeguati all’inflazione (ogni riferimento alla situazione attuale è puramente casuale…), calano anche i consumi.
Tutto questo per dire che un calo del 2% dei consumi (addirittura del 5% rispetto al 2019) si traduce, nel tempo, in una variazione negativa del PIL maggiore a quella dei consumi stessi.
La variazione negativa del PIL si chiama recessione.
Aggiungo che per far aumentare i consumi bisognerebbe aumentare i redditi disponibili. Quello lo si fa per esempio diminuendo le tasse e/o aumentando la spesa pubblica. Tenendo conto che il moltiplicatore fiscale della spesa pubblica è maggiore a quello del taglio delle tasse.
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