Federico Giusti
La trappola dei Lep
I Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) saranno determinanti per la sorte non solo dell’autonomia differenziata ma di quel federalismo fiscale che perfino la Banca d’Italia critica giudicandolo pericoloso per la tenuta dei conti dello Stato in presenza di un debito pubblico sempre più alto. I Lep sono giudicati una sorta di compromesso con quanto resta della Carta la cui dissoluzione è stata avviata con la revisione del titolo V sotto il governo del centro sinistra.
Non parliamo solo dei diritti civili da salvaguardare su tutto il territorio nazionale ma dei diritti sociali che ormai sono ridotti al lumicino, istruzione, salute e sanità dovrebbero rappresentare un insieme di diritti da tutelare erga omnes, se parliamo di prestazioni sociali dovrebbe essere lo Stato, e non le regioni, a garantirne l’erogazione senza alcuna differenza su base territoriale.
Ora in teoria l’autonomia differenziata non avrebbe dovuto riguardare materie rilevanti e attinenti ai diritti civili e sociali ma sono proprio queste materie ad essere oggetto di spasmodica attenzione perché rappresentano uno snodo determinante per far passare la contro riforma. Esistono ragioni economiche e politiche molto forti alla base della rivendicazione di alcune regioni di gestire direttamente materie fino ad oggi di competenza statale, questa richiesta altro non è che la conseguenza di quella ideologia federalista alimentata da interessi economici e finanziari presenti nelle aree geografiche più forti del paese.
Ci sono ben 14 materie la cui gestione è demandata alle Regioni previa la definizione dei Lep che dovranno essere determinati dallo stesso Governo.
Ma siamo certi che il federalismo fiscale e una competenza assoluta delle regioni su innumerevoli materie non siano invece la premessa per aggirare in sostanza questi livelli minimi?
Del resto la legge prevede un sistema alquanto farraginoso proprio per la definizione dei Lep e uno Stato privo dei poteri che li competono sarà in grado di farlo assicurando a ogni cittadino italiano i medesimi diritti?
I diritti sociali saranno determinati da commissioni tecniche e non da principi assoluti, in questo modo perfino i pronto soccorso un domani potrebbero essere a pagamento adducendo la motivazione della sostenibilità economica, tanto che gli stessi Lep dovranno essere sempre e comunque compatibili con gli equilibri di bilancio e i fabbisogni standard decisi a tavolino senza alcuna verifica sulla loro reale efficacia.
La scelta del federalismo fiscale è in sintonia con i patti di stabilità e il contenimento della spesa pubblica, a mero discapito dei diritti sociali, del resto gli stessi Lep sono strettamente connessi con tutti i meccanismi di finanziamento delle cosiddette funzioni fondamentali relative ai livelli territoriali di governo. Il calcolo dei costi standard sarà una ulteriore trappola perché molto dipende dalla composizione anagrafica della popolazione, dal loro reddito e anche dalla ricchezza del territorio visto che le aree con minore capacità fiscale potrebbero anche trovarsi in condizioni talmente precarie da indurli a tagliare i servizi. E non è sufficiente, almeno per noi, parlare di meccanismi perequativi a favore delle regioni meno ricche perché dentro un modello federale le spinte all’egoismo dei ricchi diventano preponderanti.
La definizione dei Lep dovrebbe assicurare poi un nucleo minimo di servizi essenziali a tutela dei diritti civili e sociali, è proprio questo nucleo minimo ad indurci a serie preoccupazioni perché una area geografica ricca potrà aggiungere servizi e prestazioni superiori che poi magari scopriremo essere semplicemente in linea con i reali fabbisogni, al contrario una area depressa potrà erogare servizi assai inferiori e del tutto inadeguati.
E ogni intervento perequativo dovrà superare le colonne d’Ercole della appropriatezza e della efficienza delle prestazioni anche in relazione alle risorse economiche disponibili, se ad esempio il Bilancio dello Stato dovrà effettuare qualche riduzione di spesa è scontato che a rimetterci saranno proprio i diritti sociali e le somme da devolvere alle aree depresse.
E, ironia della sorte, ogni Regione potrà accrescere a suo piacimento le tasse, o anche a ridurle, con un sistema fiscale sempre più caotico e approssimativo.
Perfino il quotidiano confindustriale mette in guardia il Governo dall’autonomia differenziata, lo invita ad andare avanti ma salvaguardando livelli minimi ed essenziali delle prestazioni, ora ammesso che ciò sia possibile resta innegabile che autonomia differenziata e federalismo fiscale rappresentino sic et sempliciter una minaccia all’insieme dei diritti sociali.
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