“Ho letto moltissimi commenti di moltissimi personaggi che dicono che Novak Djokovic è un pessimo esempio per i giovani.
Confermo. Non fuma, non beve, non si droga, è vegano, non va a puttane, non fa risse, si allena dalla mattina alla sera, fa beneficenza, è credente, si prende cura della famiglia.
Mi auguro che i giovani stiano lontani da questo personaggio pericoloso per la Società e non lo imitino in nulla di tutto ciò”. E’ Vittorio Sgarbi a scrivere in un post la sua personale sintesi del caso Djokovic.
Alla fine il governo australiano ha trovato il suo capro espiatorio e si è lavato la coscienza così. Ma davvero il caso del primo tennista al mondo è un caso di cui andare orgogliosi? Come scrive il giornalista Federico Cenci in un felice post sul suo profilo, tutti parlano del caso Djokovic, comprensibilmente. Ma nessuno parla del caso Voracova. Invece vale la pena spendere due parole su questa vicenda, perché è eloquente e forse aiuta a comprendere meglio lo stesso caso Djokovic.
“Renata Voracova è una tennista ceca, anche lei arrivata in Australia per partecipare a delle gare.
Non è vaccinata, ma ha avuto il Covid prima di Natale. Ha presentato una documentazione medica che le è valsa un’esenzione. Dunque ha ricevuto l’autorizzazione a entrare nel Paese, dove è rimasta per otto giorni e dove ha pure gareggiato a un evento.
Poi, dopo otto giorni in cui si è mossa liberamente in Australia (ripeto: otto giorni durante i quali ha pure gareggiato), le è stato annullato il visto.
Renata Vorocova è stata prelevata e portata nello stesso albergo di detenzione di Djokovic.
Non ha presentato una documentazione inadeguata e non ha rilasciato false dichiarazioni. Era in regola. Eppure, all’improvviso, ha subito questo arbitrario trattamento da uno Stato democratico.
A mio avviso occorre riflettere su un simile episodio, perché domani potrebbe colpire ogni cittadino, al di là delle proprie libere scelte sanitarie”.
E direi che da aggiungere non c’è nient’altro.
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