Julian Assange dalla «Guantanamo» inglese rischierebbe la pena di morte negli Stati Uniti. Nei giorni scorsi la Westminster Magistrates’ Court di Londra ha formalmente confermato l’estradizione del giornalista, attivista e programmatore, nonché fondatore di WikiLeaks. Ora spetta alla Segretaria di Stato per gli Affari Interni del Regno Unito, Priti Patel, decidere se firmare l’ordine emesso per far proseguire le vicende.
La pesantissima condanna sarebbe il risultato della diffusione di documenti altamente riservati su presunti crimini di guerra statunitensi. Le accuse di spionaggio mosse da Washington contro Assange potrebbero portargli una pena di 175 anni di carcere o nella peggiore delle ipotesi, la morte.
Ma chi è Julian Assange? È un giornalista, attivista, programmatore australiano e grande sostenitore della libertà di stampa. Si auto-definisce anarchico e critto-attivista. Sotto i riflettori dal 2010 per i problemi con la giustizia, prima in Svezia per accuse di stupro, poi per la richiesta d’asilo presso l’ambasciata ecuadoriana nel Regno Unito, la detenzione a Belmarsh fino ad arrivare alle accuse di spionaggio mosse dagli Stati Uniti.
È importante capire perché il caso Assange è tanto controverso. Nel 2006 ha fondato il sito web no-profit divulgativo «WikiLeaks» con l’intento di condividere pubblicamente comportamenti poco etici di governi e aziende.
Nel caso specifico, nel 2010 ha reso noti documenti e video incriminanti soldati americani che volontariamente uccidevano un numero abbondante di civili in Afghanistan ed Iraq, oltre ad informazioni sulla detenzione di prigionieri afghani e pakistani presso Guantanamo. In breve, negli Stati Uniti è stato definito «nemico pubblico» e di conseguenza la sua estradizione potrebbe diventare un punto di non ritorno.
Il giornalista, nonostante le vicende a suo carico, ogni anno dal 2010 risulterebbe tra i candidati al Premio Nobel per la pace, oltre che punto d’interesse delle numerose manifestazioni in onore della sua libertà.
In seguito alla decisione della Corte Inglese organizzazioni e comitati non hanno esitato a pronunciarsi a favore di Assange, in quanto, la sua condizione e la sua sorte potrebbero essere cruciali per la collettività giornalistica.
“L’estradizione di Assange avrebbe conseguenze devastanti per la libertà di stampa e per l’opinione pubblica, che ha il diritto di sapere cosa fanno i governi in suo nome. Diffondere notizie di pubblico interesse è una pietra angolare della libertà di stampa. Estradare Assange ed esporlo ad accuse di spionaggio per aver pubblicato informazioni riservate rappresenterebbe un pericoloso precedente e costringerebbe i giornalisti di ogni parte del mondo a guardarsi le spalle” – ha dichiarato Agnès Callamard, Segretaria Generale di Amnesty International.
Gli schieramenti sul caso risultano ovvi, per alcuni Assange è nemico, per altri difensore della democrazia. Una cosa è certa: la vicenda ci riguarda da vicino e momentaneamente ci resta solo che attendere il verdetto finale, nelle mani di Priti Patel.
di MARIA IOANA TARNITA
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