di Fabio Torriero
Bilancio-Olimpiadi. Se c’è una cosa che possiamo subito dire è che, nonostante tutto, ha vinto lo sport e di converso, ha sonoramente perso Macron.
Il presidente francese, dopo il pauroso ridimensionamento elettorale, si è impegnato a propagandare, anzi universalizzare, in perfetta coerenza con la Grandeur transalpina, la concezione “liberal-inclusiva” di cui è massimo esponente europeo. L’ha fatto per recuperare terreno e a spese degli atleti: Senna inquinata, contagi pericolosi, cibo ideologico-vegetariano scadente (senza proteine), vermi nelle pietanze, letti di cartone improponibili e mancanza di aria condizionata.
Non ci illudiamo, da quando esiste il mondo (dalla Grecia in poi), le olimpiadi sono sempre stati il pretesto per comunicare “in grande” l’immagine del paese, sia democratico, sia autocratico, che le organizza.
E che immagine, l’abbiamo visto con la deplorevole e vergognosa cerimonia di apertura dei giochi: dissacrazione dei simboli cristiani, glorificazione della società Lgbtq, la storia stessa di Francia fatta a pezzi, considerando solo il periodo della Rivoluzione francese, massacrando il passato che sono le radici della sua tradizione nazionale.
Per il resto, grazie anche al pompaggio del mainstream progressista, che da noi ha i suoi ascari convinti o non convinti, ma in patente malafede, abbiamo unicamente assistito, da parte della autorità sportive francesi (ovviamente imbeccate politicamente dall’alto), al tentativo di rovesciare la realtà, la natura e la concezione basica dello sport.
In che modo? Esaltando i perdenti, evidenziando il piagnisteo emotivo-sentimentale di alcuni atleti, compresi alcuni nostri nuotatori e alcune nostre nuotatrici (marginalizzando i princìpi veri dello sport, che oltre alla solidarietà umana, sono la competizione, la legge del più talentuoso e del più forte, la gerarchia, la selezione), magnificando l’autopercezione della mente, la fluidità modello-Sanremo, l’irrilevanza del testosterone e delle visite “discriminatorie” ginecologiche atte a distinguere tra un uomo e una donna (si è visto col caso della pugile algerina, Imane Khelif, descritta come vittima del populismo omofobo della destra e assunta a bandiera dei diritti civili); quel riscatto delle donne, che al contrario, ha censurato il “femminismo non arcobaleno”, come è accaduto alla ginnasta afghana, Manizha Talash, che è stata squalificata per aver esposto sulla maglietta una frase liberatoria dedicata alle donne della sua nazione.
E poi tante ingiustizie a spese degli italiani. In almeno 4 discipline siamo stati penalizzati da arbitraggi scandalosi.
Hanno fatto bene i pallanuotisti italiani a protestare, dando la schiena agli arbitri, anche se il presidente del Coni Malagò ha criticato l’atto (“Sono dispiaciuto di questa reazione che comunque resta contraria allo spirito olimpico”), attento più agli equilibri politici internazionali che alla difesa dei nostri interessi.
Tanto sulla dignità dei nostri atleti ci si può passare sopra come un rullo compressore.
Da ultimo il botto finale: la meravigliosa vittoria della nostra squadra femminile di pallavolo.
E pure qui il messaggio sinistro, come chiaramente esposto ad esempio, da Gad Lerner, “l’Italia di ieri”, quella che rivendica l’identità storica, culturale, religiosa dei popoli, come fa Vannacci, e “l’Italia del domani”, multiculturale, multietnica (tradotto, apolide e atea).
Tutto un magnificare le storie personali e le vittorie di atleti con i tratti somatici non storicamente italiani, benedicendo l’italianizzazione degli integrati. Come se qualcuno possa discutere questo dato di fatto e cioè, il valore della cittadinanza. Ma in quanto a ritenere che solo gli italiani di colore siano italiani, porta inesorabilmente a ghettizzare gli altri, che sono la maggioranza.
Sull’Italvolley, infatti, si è raggiunto il ridicolo “ideologico”: pare che abbia vinto solo Paola Egonu (ormai un’icona), come appare sulla rete e qualche tv, contrapposta alla supposta rabbia “razzista” di Vannacci. Come se Myriam Sylla e le altre a cominciare da Caterina Bosetti, Anna Danesi, Elena Pietrini etc, non siano esistite, non abbiano dato un importante contributo. Perché non esaltare pure l’ottima Ekaterina Antropova? Forse perché è russa ergo, politicamente scorretta?
Un consiglio rivolto alla sinistra nostrana, ai giovani e ai genitori di oggi, fate tesoro degli insegnamenti pedagogici di Julio Velasco, l’allenatore medaglia d’oro: “I giovani di oggi non sono diversi da quelli di prima, ma sono i genitori diversi dalle precedenti generazioni. Molti di questi inculcano idee sbagliate ai loro figli. Immaginate un ragazzo che ha un problema a scuola e i genitori gli dicono che il problema non è lui ma gli insegnanti. Come fai ad ottenere un feedback da questo ragazzo? Lui ha sempre ragione! Ora quando diventerà adulto ed uscirà da casa sua, cosa succederà? Si troverà un mondo nuovo, dove tra mille difficoltà e tra mille insidie non potrà uscirne fuori. Penserà ai genitori che gli davano sempre ragione, genitori che hanno mentito, per amore, ma hanno mentito. Non sei sempre il migliore. Nelle squadre sportive troviamo spesso questo problema, in molti ragazzi, l’aspetto più diffuso oggi è l’insicurezza in sé stessi proprio per questo atteggiamento dei genitori. Il non avere anticorpi alla frustrazione, perché io non ho sbagliato, io non ho commesso errori e dare la colpa agli altri è diventato ricorrente. Tutto questo nel giovane crea insicurezza e paura di sbagliare. Che personalità avranno in futuro?”.
Un fondamentale messaggio per ricostruire la società e lo sport del futuro.
Domanda: da quale modo di pensare (buonista, umanitario, inclusivo) viene questo vulnus? La risposta è facile.
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