Oggi niente cronache di guerra, nonostante ci sia da registrare la misteriosa fuga di notizie sulla preparazione di un attacco sionista all’Iran. Non sappiamo se si sia trattato di un modo per sabotare la rappresaglia pianificata da Israele da parte della stessa amministrazione Biden o l’iniziativa di qualche singolo gruppo all’interno dei servizi, oppure una polpetta avvelenata da parte di Russia e Cina che dispongono di un’ampia rete satellitare e che stanno tentando di fermare la follia di Netanyahu e lo scoppio della terza guerra mondiale. Oggi vorrei invece provare a capire come mai tanta gente rimanga completamente passiva di fronte a questi terribili e inattesi sviluppi degli eventi a cominciare dalla psicopandemia per poi arrivare a tutto il breviario globalista che sembra quasi un capitolo dell’Apocalisse: pestilenza, guerra, sole che brucia, invasioni, con qualche pizzico di Sodoma e Gomorra. Da dove nasce questa passività a volte rassegnata, a volte incosciente o addirittura l’adesione dei ceti parassitari medio e alto borghesi?

Non è facile, ma vorrei cominciare dallo stupidario americano (naturalmente scimmiottato in Europa dalla più sordida intellighenzia) che chiama marxista Kamala Harris e l’ambiente democratico che le sta dietro, sopra, sotto e davanti. Non credo che la poverina sia in grado di leggere qualcosa che vada oltre l’impegnativo Topolino, ma davvero cosa c’entra il marxismo con un evidente disegno autoritario e reazionario che ne è l’esatta antitesi? Certo proprio nulla anche se il massimo e riconosciuto ideologo di questo fraintendimento sia Toni Negri che paradossalmente venne considerato dagli stessi ambienti che oggi sostengono il globalismo come un cattivo maestro. Sarebbe impossibile qui ripercorrere tutto il travaglio della traslazione dalla nozione marxista di bisogno a quello foucaultiano di desiderio, dalla rivoluzione alla disobbedienza, dalla politica all’antipolitica, ma di fatto egli rappresenta tale passaggio, contemporaneo alla trasformazione del capitalismo produttivo in capitalismo finanziario. E in qualche modo spiega come mai proprio quella che veniva chiamata sinistra (e purtroppo anche adesso) si sia trasformata nel principale carnefice dei diritti sociali.

Certo il capitalismo finanziario non aveva bisogno di un grande apparato repressivo come era stato in passato, ma di un io debole manipolabile, di persone separate tra loro, atomizzate e dunque spontaneamente narcisiste non avendo altra possibilità di muoversi che tra la banalizzazione del passato e un futuro inesistente dal momento che il capitalismo è per sempre come i diamanti. L’equivoco nacque quando una serie di grandi intellettuali come Foucault e Deleuze pensarono che proprio un io debole, pronto ad accogliere sempre nuovi consumi, mode e comportamenti fosse, in un certo senso, il nuovo soggetto rivoluzionario. Ancora oggi non capisco come l’indebolimento dell’io sia stato equivocato come una forma di resistenza al conformismo e all’obbedienza capitalistica, mentre ne era la strategia principale, perfezionata poi con la rivoluzione informatica che ha portato al passaggio tra reale e virtuale e dunque a nuove e inedite possibilità irrealistiche che vediamo operare nel wokeismo.

Naturalmente il narcisismo di base deve essere in qualche modo nutrito con illusioni altrettanto narcisiste, quella di essere disobbedienti, alternativi e creativi, proprio mentre ci si trova senza speranza nella palude del conformismo. Così sono state approntate apposite trappole per mantenere in gabbia soprattutto le nuove generazioni: musica commerciale venduta come modello di ribellione, drammatica caduta dei livelli espressivi, culto della propria personalità, permesso, entro i limiti del politicamente innocuo, di rappresentare modelli alternativi che andando a scavare appena sotto la vernice non esistono, permesso di vacuità, l’illusione di essere contro mentre si è con, le ribellioni da supermercato. Da questo mix nascono l’arrendevolezza di fronte a ciò che di spaventoso accade, se non la vera e propria evasione dalla realtà e una nuova forma di credulità popolare nei confronti di concezioni palesemente false. È così, tanto per fare un esempio, che negli ultimi anni è nato un culto della “scienza” che ha come capisaldi proprio il contrario di essa.

Questo progetto di dittatura morbida che fino ad ora è stato smentito solo in alcuni singoli casi, come quello di Assange, sta tuttavia incontrando una crescente resistenza: il tentativo di eliminare strutturalmente la libertà di parola che segue le censure attuate dal potere reale e corporativo, ne sono un esempio. Ma arrivano proprio a tempo scaduto, quando le cose stanno precipitando: trasformare le ribellioni da tastiera e divano in vera contestazione non è facile, perché bisogna uscire dalla propria gabbia, riconoscere gli altri non come semplici astrazioni e implicano l’uscita da un paradigma ormai incrostato. Così il rischio è che sia troppo tardi.

fonte:

Di BasNews

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