Uno dei paradigmi possibili per valutare la qualità di un sistema sociale è la relazione che si instaura con gli animali non umani. Un animale d’allevamento non è solo un mezzo per soddisfare i bisogni, è un essere vivente, in esso è iscritta una finalità ontologica che determina il suo modo di vivere, di relazionarsi e di alimentarsi. Ogni specie vive e si sviluppa per attuare se stessa. Non si può chiedere ad un’aquila di vivere in una gabbia, la sua struttura anatomica è finalizzata per i grandi spazi. Per analogia con noi esseri umani la piena realizzazione della finalità oggettiva non può che recare un solido e stabile senso di benessere. Vivere senza assaporare la finalità ontologica per la quale si è nati è come non vivere, ovvero si vive la morte, mentre si è in vita. Donare la morte in vita è possibile, è sufficiente negare ciò che l’altro è per natura. Se la soddisfazione dei bisogni umani si trasforma in una pianificazione scientifica dell’assoluta negazione dei fini ontologici degli animali non umani siamo dinanzi ad una forma di totalitarismo. L’economicismo riduce i viventi in mezzi anonimi e non riconosce la vita nella sua pluralità, è il totalitarismo globale del nostro tempo. La natura è oggetto di saccheggio nelle sue risorse, essa in tal modo è sconosciuta alla mente e al cuore degli umani. Solo esseri umani reificati possono alienare la relazione con la natura nel trionfo funebre del calcolo sulla vita. Il totalitarismo economicistico assume forme diverse nelle diverse aree geopolitiche, ma il risultato è sempre eguale, dona la morte ai viventi non umani e addestra gli esseri umani alla normalità della morte. Il circolo perverso si ritorce spietatamente sull’umanità complice ed innocente, anche gi esseri umani sono negati nella loro finalità relazionale e solidale. La vita è niente, per cui il vivente è solo un grumo di cellule da divorare e smaltire in modo corretto (green). Non può lasciare indifferente l’allevamento intensivo in Cina dei maiali. Sono allevati in edifici, ora anche in un immenso grattacielo doppio di ventisei piani. Essi non vedranno la luce, non conosceranno il tocco del terreno e del fango, non conosceranno la pluralità delle forme di vita, consumeranno la loro esistenza in un mondo artificiale per il quale non sono mai nati, perché sono valutati solo come carne da macellare. Ciò che si sperimenta per gli animali, potrebbe essere applicato anche sugli esseri umani, non lo dovremmo mai dimenticare.
In Cina a Ezhou, nella provincia di Hubei, nell’area di Wuhuan tristemente famosa, è stato inaugurato il più imponente allevamento suinicolo mai esistito (GreenMe, 8 novembre 2022): 390 mila metri quadri di terreno, 26 piani, in ogni piano 20 mila suini, sei ascensori che caricano fino a 10 tonnellate, 1,2 milioni di suini l’anno che verranno trasportati al macello. Un immenso grattacielo simile ad un immenso campo di concentramento per maiali che devono ingrassare e crescere per essere divorati. Tra la nascita e la morte per queste tragiche creature solo un mondo fittizio nel quale attendere la fine. Ciò che inquieta è l’ammirazione verso una tale soluzione definita green per il risparmio di suolo e per l’utilizzo del letame, del maiale non si butta via niente, al fine di produrre energia.
Quale mente può concepire di rinchiudere più di un milione di maiali in un grattacielo? Può la necessità di sfamare più di un miliardo di cinesi giustificare un simile sistema di negazione della natura dei maiali o di qualsiasi altro vivente? Il cinismo è globale, in occidente si ammira la svolta green cinese nell’allevamento. Contano solo i numeri, le quantità di emissione di gas, i controlli sanitari negli edifici e la conversione del letame in gas e il risparmio di suolo. La qualità di vita dei maiali è secondaria, anzi i dati che taluni giornalisti italiani riportano sono focalizzati solo sulla categoria di quantità. La svolta green mostra il suo vero volto: un comitato d’affari con i suoi trombettieri proclamano la svolta verde nell’indifferenza verso i viventi. La costruzione del grattacielo è stato finanziato anche dalla Banca Mondiale, infatti alcuni servizi giornalistici rilevano che hanno utilizzato una superficie minima di terreno e hanno predisposto un sistema automatizzato di controllo dell’aria, dell’umidità e della temperatura al fine di ottenere “Brezza fresca d’estate e aria calda d’inverno”, come l’azienda ha affermato ai giornalisti de La Repubblica. Tutto è falso nel grattacieli, si riproduce la natura cementificata e automatizata. La disciplina del controllo sanitario ha posto in essere rigidi controlli per impedire l’ingresso di pericolosi patogeni; con un sistema digitalizzato si eroga ad ogni singolo suino la dose di mangime; la produzione di biogas è apprezzato, in quanto coerente con la svolta green, mentre il calore sprigionato dai maiali è usato per riscaldare l’edificio. Dovremmo immaginare il sapere di un suino nutrito da solo mangime a sua volta lavorato e prodotto in quantità e modalità industriali e che non conosce il sole e la pioggia.
Sembra che tutti abbiano dimenticato che probabilmente il virus che ha provocato il covid non è naturale, tra le ipotesi sulla sua origine taluni hanno paventato lo sfruttamento intensivo della natura. L’innaturalità a cui sono costretti centinaia di migliaia di maiali potrebbe favorire nuove “sorprese virali”. Non secondarie sono le condizioni di vita degli operatori che lavorano nel grattacielo; difficile pensare che non soffrano di patologie psichiatriche. Agli addetti non è permesso fotografare o filmare la condizione green dei maiali. Non possono lasciare le loro postazioni di lavoro, sono al servizio della produzione a tempo pieno, le cronache riportano che abitano nel grattacielo. La vicinanza quotidiana e continua ad animali che soffrono non può lasciarli indifferenti, pertanto sono vite sacrificate sull’altare dell’olocausto della produzione apparentemente razionale.
Gli investitori nel megaprogetto hanno nel frattempo definito l’enorme cubo grugnante sangue e lacrime: “Una struttura più amica dell’ambiente (GreenMe, 8 novembre 2022)”
Di quale ambiente parlano? Per i maiali riconosciuti dagli esperti come animali intelligenti e senzienti l’ambiente della nuova economia green è l’inferno in terra. I tizzoni del male, notoriamente facilmente dilagano, e il grande rischio è che tali soluzioni green, possano in nome dell’ambientalismo, trasformarsi in un affare lucroso e feroce da esportare. Le proteste degli ambientalisti e degli animalisti facilmente sono addomesticate dall’agorà dei media che recitano il rosario della transizione energetica divenuta ormai necessaria per impedire l’estinzione della vita, mentre la si uccide. Il terrore divenuto strumento di controllo e di neutralizzazione del pensiero riesce ormai a far passare gradualmente anche l’inaudito. Il problema essenziale ad EST come ad OVEST è il modello di economia e di socialità che si vuole realizzare. Su questo non vi sono discussioni, tutto procede in modo autonomo verso il disastro antropologico ed umano.
Orwell nei nostri giorni
Le sofferenze procurate non resteranno rinchiuse nei grattacieli, saranno l’ennesimo boomerang che si ripercuoterà sugli innocenti e sull’ambiente. La carne di maiale prodotta in modo tanto innaturale avrà con gli anni i suoi effetti, è un’ipotesi, ma non è difficile non pensarlo. Il gigantismo è quanto di più antiambientale si possa realizzare. Riportare il senso del limite e il rispetto dei fini oggettivi è la sfida del presente, in questo momento è facile demotivarsi e fatalizzare il mostruoso, ma la storia è un campo aperto dove tutto è possibile. La speranza è nel favorire coscienze critiche e progettanti, è una scommessa, ma è l’unico modo che abbiamo per umanizzarci e non piegarci al totalitarismo della categoria della quantità che imperversa su ogni vivente. I sostenitori della scelta green dimenticano che la vera scelta ambientale è sostenere l’alimentazione su base vegetale a livello globale, anziché puntare sulla carne. Recuperare suolo e decementificare è la via maestra per una nuova economia che risponda realmente ai bisogni umani.
In questo clima “Palla di Neve”, il maiale libertario, persino il suo antagonista “Napoleone” protagonisti del romanzo di Orwell La fattoria degli animali, non possiamo che guardarli con grande tenerezza pensando a quei maiali che sono solo carne per gli imprenditori del grattacielo. Ciò che muore in questa produzione e che rischia di diventare modello green è l’universale razionalità umana. La ragione è riconoscimento dell’alterità nelle sue finaltà oggettive, il cavallo deve vivere la sua cavallinità, se non si favoriscono le condizioni ottimali per le vite si frana nell’illimitato e nella manipolazione incapace di calcolare le conseguenze etiche, ambientali e sanitarie della produzione intensiva in edifici e grattacieli. La natura chiusa in un edificio di cemento, non riusciranno a convincerci che tale aberrazione è eticamente lecita. Il romanzo citato di Orwell non ha bisogno di maschere e simboli nel nostro tempo. I maiali sono solo animali, mentre il ruolo di Napoleone spetta a noi umani-disumani produttori-imprenditori. Le “Palle di Neve” devono far sentire la loro voce, superare contraddizioni e incomprensioni per difendere con la riumanizzazione dell’economia la natura nella sua complessità. Al gigantismo bisogna sostituire la produzione diffusa in condizioni rispettose dell’ontologia dei viventi. Non è utopia, ma è necessaria una svolta per non precipitare nell’assurdo e in pericoli che potrebbero causare effetti ingestibili a livello etico e sanitario. Il primo passo è una critica radicale diffusa che possa favorire una nuova coscienza del rispetto delle vite.
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