Potrebbe sembrare una notizia da nulla, eppure ci fa vedere verso quale abisso siamo diretti dopo la decisione di fare guerra alla Russia: questa settimana il Burkina Faso, Paese del Sahel che avrebbe dovuto desertificarsi e che invece è rinverdito, ha presentato la sua auto nazionale. Fabbricata dal marchio Itaqua in due versioni, “Native” e “Sahel”, è stata interamente progettata e costruita da ingegneri burkinabé (questo è il nome ufficiale degli abitanti del Paese) utilizzando risorse locali. Si tratta di una vettura elettrica da 30 kw a trazione integrale (per via delle condizioni delle strade), con un’autonomia di 330 chilometri e un tempo di ricarica di 30 minuti che di fatto non è lontana come tecnologia e prestazioni dalle produzioni europee e meno che mai dai penosi tentativi di Stellantis. Ovviamente ha costi di due terzi inferiori. Ma c’è di più: l’auto così come l’impianto di produzione di Ouaga, intende simboleggiare l’impegno verso l’autosufficienza e la sovranità di un Paese che sotto la guida del Primo Ministro Ibrahim Traore, è parte trainante della nuova alleanza antimperialista africana.
Naturalmente, lasciando da parte il pur importante elemento locale che ha l’occasione di creare un sapere tecnologico nel centro dell’Africa, l’auto in questione è di fatto una riproposizione della Dongfeng Nano Box, un modello cinese che costa meno di 10 mila euro, lanciata nel 2022. Ma questo dimostra anche il progressivo allontanamento del Sud del mondo dalle grinfie occidentali, verso un nuovo mondo multipolare. E del resto anche le elettriche europee sono di fatto costruite attorno a tecnologie cinesi, tanto che la svedese Northvolt, la più grande azienda produttrice di batterie per auto elettriche europea, recentemente fallita per non essere riuscita a contenere i prezzi, aveva lo staff tecnico interamente formato da cinesi, mentre tutte le macchine operatrici venivano da Pechino.
Insomma la Ue, mandando all’aria tutto il sapere accumulato sui motori termici, ha costretto l’industria continentale a misurarsi in brevissimo tempo con tecnologie già sviluppate altrove e in particolare da un gigante manifatturiero come la Cina, che non solo ha acquisito esperienza in questo settore, ma possiede in gran parte le materie prime necessarie per poter realizzare le batterie. Inoltre dispone di elettronica avanzata che l’Europa stenta a produrre, per non dire che non produce affatto. Insomma ha puntato su una tecnologia ancora non matura e lontana dalle esigenze di trasporto e di uso dell’ auto del continente. Così ai limiti delle vetture elettriche che hanno una scarsa autonomia reale al di fuori dell’ambiente cittadino, si aggiunge il fatto che l’industria automobilistica difficilmente potrà star dietro ai propri concorrenti, che producono in grande scala, meglio e a prezzi decisamente inferiori. Non si potrebbe escogitare qualcosa di più efficace se si volesse far fallire un intero continente e bisogna aggiungere che il sinedrio di Bruxelles è inarrivabile quando si tratta di creare rovina, sia con la guerra, sia con la pace.
E adesso in questo settore si affaccia anche l’Africa: faremo dazi disperati contro tutto il mondo nell’illusione di coprire scelte assurde e peraltro suggerite dall’alto dei poteri finanziari per poter intanto mandare avanti Net Zero e le speculazioni attorno alle energie rinnovabili? Energie il cui sfruttamento obbliga comunque a rivolgersi al mercato cinese, che rinnovabili non lo solo affatto, risultano inaffidabili e per giunta provocano un danno ambientale di gran lunga superiore al minimo di CO2 in più rispetto a quello prodotto dalla biomassa. L’influenza che questo gas avrebbe sul clima è peraltro tutto da dimostrare, ma è quanto meno singolare che non si sia mai sperimentato il vero apporto al cosiddetto riscaldamento globale dell’anidride carbonica e tutto nasca da modellazioni al computer. Eppure sarebbe abbastanza semplice condurre sperimentazioni reali, tuttavia per questo ci vorrebbero soldi, che non arrivano mai quando si tratta di far luce sui dogmi delle nuove religioni usa e getta.
Forse dovremo guidare auto africane perché questo è il continente che attualmente favorisce di più l’auto elettrica: la mancanza di strade a lunga percorrenza o di strade tout court, la scarsità di macchine rispetto alla popolazione, l’uso quasi esclusivamente cittadino dei veicoli e ultimo, ma non ultimo, la ricchezza di materie prime del continente, porteranno a uno sbocco della produzione nell’export. La legge del contrappasso è inesorabile.