L’Organizzazione mondiale della sanità ha pubblicato un nuovo manuale per operatori sanitari. L’obiettivo? Aiutarli a fornire «aborti di qualità», cioè in sostanza farmacologici. Così l’aborto diventa sempre più un fatto privato, rapido e fai da te, riducendo i costi. Con i drammi in più che ne derivano

L’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, sta assumendo sempre di più il ruolo di avamposto del nuovo Disordine Mondiale, del Great Reset, ovvero il grande rivolgimento economico, sociale, politico e anche sanitario che è stato avviato negli ultimi anni. In particolare, sulla questione della riduzione delle nascite, sta dispiegando una strategia sempre più chiara, esplicita e decisa.

L’Oms ha appena approntato, al riguardo, un manuale per operatori sanitari per aiutarli a fornire servizi di «aborto di qualità» per donne e ragazze. Cosa significa questa espressione? Sostanzialmente l’aborto chimico-farmaceutico, anziché quello chirurgico. Questa sarebbe la “qualità”, questa è la nuova frontiera della soppressione della vita dei nascituri. Basta con le cliniche, con le ben note procedure cui avviare le donne gravide, ma aborto individuale, rapido, fai da te.

Queste linee guida si aggiungono a quelle del marzo 2022 (la Bussola ne ha parlato qui e qui), che prevedevano oltre 50 raccomandazioni riguardanti la pratica clinica, l’erogazione di servizi sanitari e gli interventi legali e politici a sostegno di un’assistenza abortiva di qualità (un concetto ripetuto insistentemente).

Il manuale pubblicato in questo mese di giugno, nel solco delle linee guida di marzo 2022, fornisce inoltre una guida più ampia su come gli operatori sanitari possono supportare gli approcci di autogestione e la telemedicina, ove disponibile. «Gli operatori sanitari hanno un ruolo fondamentale da svolgere nel fornire un’assistenza all’aborto di qualità che rispetti le scelte delle donne e delle ragazze e soddisfi le loro esigenze», ha affermato Pascale Allotey, direttrice dell’area «Ricerca e salute sessuale e riproduttiva» dell’Oms e capo del Programma speciale delle Nazioni Unite per la riproduzione umana (Hrp), che ha sottolineato come «questa guida miri ad aiutare gli operatori sanitari a fornire servizi sicuri, tempestivi ed efficaci per l’aborto, trattando le donne e le ragazze con dignità e rispettando i loro diritti».

L’Oms rispolvera quindi un termine che era in auge nel post Sessantotto: autogestione. Questa è un’opzione per fornire l’aborto farmacologico, che l’Oms raccomanda come metodo sicuro ed efficace per interrompere una gravidanza. Ovvero una donna può e deve procurarsi i farmaci per interrompere da sé la gravidanza, senza neppure consultare un medico. I farmaci utilizzati – mifepristone e misoprostolo – sono inclusi nell’Elenco dei farmaci essenziali dell’Oms. «Con un sostegno adeguato, le donne possono autogestire alcune o tutte le fasi di un aborto farmacologico, anche nel comfort della propria casa». Una terminologia aberrante: sdraiati pure sul divano, prenditi le pillole giuste e il tuo problema di una gravidanza indesiderata sparirà. Easy and comfortable.

Ai servizi sanitari resta però un ruolo importante di coordinamento e di propaganda. Nelle linee guida dell’Oms i servizi clinici relativi all’aborto comprendono non solo la procedura stessa, ma anche la fornitura di informazioni e consulenza, la gestione del dolore e l’assistenza post-aborto, compresa la contraccezione.

L’aborto farmacologico «sicuro ed efficace» è associato a una riduzione dei costi rispetto agli interventi chirurgici. «Quando una donna opta per l’autogestione dell’aborto, gli operatori sanitari devono essere in grado di fornirle informazioni e consigli appropriati e accurati in modo che sappia cosa fare, quando farlo e, se necessario, come accedere al sostegno di follow-up», ha detto Bela Ganatra, capo dell’Unità globale per la cura dell’aborto (sì, avete letto bene: “cura” dell’aborto) presso l’Oms. Ganatra ha aggiunto che «l’aborto medico ha svolto un ruolo fondamentale nell’espandere l’accesso all’aborto sicuro a livello globale, in particolare per le donne e le ragazze nelle situazioni più vulnerabili che potrebbero non avere accesso alle strutture sanitarie o che hanno bisogno di mantenere il loro aborto privato evitando i ricoveri ospedalieri, quindi è importante che i professionisti possano facilitarlo come opzione per la cura dell’aborto».

Questo significa che anche le ragazze minorenni potranno mettere termine alla gravidanza senza “seccanti” colloqui con psicologi, assistenti sociali o con i propri genitori. All’interno della pratica clinica, il manuale descrive in modo pratico come gli operatori sanitari possono applicare «i princìpi dei diritti umani» (sic!) nel loro lavoro per fornire assistenza in caso di aborto: ad esempio, garantendo a tutte le donne e ragazze informazioni complete e accurate in modo da supportare scelte informate, rispettando il consenso e la loro riservatezza, consentendo al contempo un processo decisionale autonomo su tutti gli aspetti della salute riproduttiva.

Infine, va ricordato un passaggio molto significativo contenuto nelle linee guida dello scorso anno, laddove si raccomanda di «rimuovere gli ostacoli politici», come la condanna della pratica abortiva (l’Oms si rammarica che al mondo ci siano ancora una ventina di Paesi che non hanno legalizzato l’aborto), i tempi di attesa obbligatori, il requisito che l’approvazione debba essere data da altre persone (come partner o familiari) o istituzioni e i limiti temporali entro cui può avvenire un aborto.

Insomma, l’obiettivo dell’Oms è chiaro: partendo da un’asserzione in realtà tutta da verificare sulla “sicurezza” e sulla mancanza di ogni effetto collaterale di farmaci in grado di provocare la morte di un essere umano allo stato embrionale, si deve aumentare il più possibile il numero di aborti, non solo liberalizzandoli al massimo grado, ma anche promuovendoli attivamente, radicando in modo definitivo la cultura della negazione del diritto alla vita di una creatura umana.

Paolo Gulisano

Fonte:

Paolo Gulisano blog

fonte:

Di BasNews

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