Si avvicina il 25 aprile e mai come quest’anno, con un governo di destra accusato un giorno sì e l’altro pure di comportarsi da fascista, l’antifascismo militante mostrerà il suo volto più belligerante.
Del resto lo si è già visto in occasione degli scontri di Firenze, dove una rissa come tante fra studenti di destra e altri appartenenti ai collettivi di sinistra davanti ad un liceo, è diventato il pretesto per una “mobilitazione democratica” e l’invito ad una nuova Resistenza, con le opposizioni scese in piazza nel capoluogo fiorentino a denunciare il clima di intimidazione che i movimenti neo fascisti stanno tentando di imporre con il tacito consenso del governo. E non c’è giorno che ogni parola, ogni provvedimento, ogni azione dell’esecutivo non venga accompagnata dall’accusa di “puzzare” di fascismo.
Però da due anni c’è un qualcosa che rende la propaganda antifascista, soprattutto quella del Pd e degli intellettuali di sinistra particolarmente sensibili oggi alla causa ucraina, poco credibile e chiaramente contraddittoria; perché, se davvero si vuole commemorare la lotta al nazi-fascismo definendo quella dittatura il “male assoluto”, non si può poi far finta che il nazi-fascismo non sia un problema ed un pericolo se chi se ne fa promotore è funzionale agli interessi geopolitici dell’Occidente e della Nato.
E’ il caso dell’Ucraina, nazione che l’Occidente e la Nato stanno sostenendo nella guerra contro la Russia attraverso la fornitura di armi. Già in occasione del Giorno della Memoria aveva fatto discutere la decisione del Museo di Auschwitz di non invitare i russi alle celebrazioni per l’anniversario della liberazione del campo di sterminio, nonostante sia avvenuta ad opera dell’Armata Rossa.
Ebbene, oggi è singolare che mentre in Italia le opposizioni vedano il fascismo ovunque, nessuno si accorga del paradosso rappresentato dal sostegno ad un Paese, l’Ucraina appunto, che dal 2014 (anno in cui a seguito di quello che la Russia considera un golpe mascherato si è affrancato dall’influenza di Mosca), ha intrapreso un percorso di forte revisionismo storico riabilitando fra l’altro gli esponenti del nazionalismo ucraino che furono complici dei nazisti durante la Seconda guerra mondiale.
E’ il caso di Stepan Andrijovič Bandera leader dell’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini e fondatore dell’Esercito Insurrezionale Ucraino che i governi filo occidentali hanno trasformato in eroe nazionale, nonostante abbia collaborato con i nazisti, seppur in maniera controversa e a tratti anche conflittuale, contro l’Unione Sovietica e l’Armata Rossa.
Non solo, Bandera coerentemente con l’ideologia nazista cui si ispirava, sosteneva pratiche di riproduzione selettiva volte alla creazione di una razza ucraina “pura” attraverso vere e proprie operazioni di pulizia etnica ai danni di ebrei, polacchi, russi e ungheresi.
Secondo lo storico polacco dell’olocausto Grzegorz Rossoliński-Liebe “l’Organizzazione dei Nazionalisti ucraini guidata da Bandera sentiva un’affinità ideologica con il fascismo italiano e il nazionalsocialismo. La visione del mondo di Bandera sarebbe stata plasmata da numerosi valori e concetti di estrema destra tra cui l’ultranazionalismo, il fascismo, il razzismo e l’antisemitismo; dal fascino per la violenza; dalla convinzione che solo la guerra potesse stabilire uno Stato ucraino; e dall’ostilità nei confronti di democrazia, comunismo e socialismo. Come altri giovani nazionalisti ucraini, ha combinato l’estremismo con la religione e ha usato la religione per sacralizzare la politica e la violenza”.
Cosa c’entra tutto questo con la vicenda ucraina? C’entra, perché i governi amici dell’Occidente, dell’Europa e della Nato hanno rivalutato la figura di Bandera, trasformandolo in un simbolo del patriottismo nazionale nonostante le sue oggettive responsabilità nella deportazione e nel massacro di migliaia di persone.
Nel gennaio 2010 Bandera fu insignito, postumo, dell’onorificenza di Eroe dell’Ucraina dal presidente Viktor Juščenko esponente di Ucraina Nostra partito anti-russo e filo europeista, alla presenza del nipote Stepan Bandera jr. Questa decisione è stata criticata dall’Unione Europea, dall’organizzazione ebraica per la memoria dell’Olocausto Simon Wiesenthal Center, e dal governo russo. Il Consiglio di Stato della Repubblica di Crimea annunciò ricorso alla Corte costituzionale dell’Ucraina contro la decisione, ma tale ricorso fu dichiarato inammissibile il 5 aprile 2010. Nell’aprile dello stesso anno, la Corte amministrativa distrettuale di Donec’k dichiarò nullo il decreto d’intitolazione, in quanto Bandera non ebbe mai ufficialmente la cittadinanza ucraina poiché fu un cittadino dell’Impero austro-ungarico, della Seconda Repubblica di Polonia e poi un apolide, ma non ebbe mai la cittadinanza della Repubblica Socialista Sovietica Ucraina, predecessore legale dell’attuale Stato Ucraino; un ricorso contro questa sentenza è stato respinto dal Tribunale Amministrativo Superiore dell’Ucraina nel gennaio 2011, rendendo la decisione definitiva. La sentenza fu supportata dall’allora presidente ucraino e filo russo Viktor Janukovyč.
Secondo The Jerusalem Post, a seguito della rivoluzione ucraina del 2014, l’opinione pubblica nei riguardi di Stepan Bandera e altri collaborazionisti è stata sempre più positiva. Nell’autunno del 2014, sulla stessa linea di “riabilitazione” di Bandera, Petro Porošenko, esponente del partito Solidarietà Europea, sostituì il Giorno dei difensori della Patria del 23 febbraio con la “Giornata dei difensori dell’Ucraina” che si festeggia il 14 ottobre, data anniversario della fondazione dell’Esercito Insurrezionale Ucraino (UPA). Nel 2015, il Parlamento ucraino riabilitava l’operato dell’OUN (il movimento di Bandera) e dell’Esercito Insurrezionale Ucraino (UPA) definendolo come “lotta per l’indipendenza ucraina” e istituendo due giorni di festa nazionale: il 1 gennaio e il 14 ottobre, rispettivamente la data di nascita di Stepan Bandera e della formazione dell’UPA. In polemica con questi riconoscimenti, il Senato polacco nel 2016 ha definito “genocidio” i massacri dei polacchi di Volinia, sterminati dall’OUN-UPA, fondato da Bandera, nel 1943-1944 e ha invitato la Sejm, la camera bassa, a stabilire l’11 luglio quale ricorrenza nazionale in ricordo delle “vittime del genocidio”.
Non solo, a Bandera sono state intitolate numerose vie e piazze prima intestate ad eroi dell’Armata Rossa che il nazismo lo avevano sconfitto, e sono stati a lui eretti anche dei monumenti. E’ evidente come da parte dei governi ucraini vi sia stato un evidente tentativo di riscrivere la storia traslocando i criminali dalla parte giusta, e in pratica confermando che fu eroismo combattere al fianco dei nazisti per liberare l’Ucraina dai sovietici; e poco importa se questo ha comportato fra le altre cose anche un concreto contributo nello sterminio di ebrei e altre minoranze etniche.
Del resto l’Occidente da due anni non sta dipingendo come eroi i militanti del Battaglione Azov, quelli che nelle acciaierie di Mariupol hanno resistito per settimane agli attacchi dei russi ostacolando la conquista della città? Nonostante sia evidente l’ideologia nazista cui si richiamano i componenti delle milizie ultra nazionaliste ucraine? A sinistra in quei giorni si levò soltanto la voce indignata di Barbara Spinelli sul Fatto Quotidiano, a denunciare come si stessero trasformando in eroi dei criminali, che fra le altre cose si erano resi protagonisti di massacri e pulizie etniche nei territori del Donbass. Il resto del mainistream è stato impegnato a negare, nascondere, mascherare, addirittura a ridimensionare le responsabilità del Battaglione Azov nei crimini ben conosciuti e documentati all’Onu e dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani.
Accettiamo pure che l’Ucraina sia stata aggredita e che i russi siano dei criminali da fermare e sconfiggere, ma è ammissibile che un domani possa entrare nell’Unione Europea e nella Nato un Paese che riconosce come eroi nazionali i collaborazionisti nazisti? Per giunta con il consenso di un Paese, la Polonia, i cui concittadini che popolavano le zone di confine sono stati vittime del fantatismo nazionalista di Bandera e del suo folle progetto di costruzione di una razza ucraina pura? Cosa accadrebbe se un qualsiasi governo francese domani mattina decidesse di abbattere tutte le statue del generale Charles De Gaulle per sostituirle con quelle del maresciallo Philippe Petain, ovvero il capo della Repubblica nazi-fascista di Vichy? Ricordate cosa accadde in Italia quando il Comune di Affile decise di intitolare un mausoleo alla memoria del generale Rodolfo Graziani?
Allora forse è arrivato il momento che anche gli antifascisti nostrani inizino a chiarirsi le idee, perché non si può fare professione di antifascismo in Italia e poi aiutare militarmente Paesi i cui governi esaltano ideologie condannate dalla storia. E questo non vuol dire essere filo putiniani, ma semplicemente che non possono esistere nazisti buoni o cattivi a seconda delle convenienze geopolitiche dell’Occidente.
E se è vero che non si può accusare tutto il popolo ucraino di essere nazista, allora allo stesso modo non si può neanche pretendere in Italia di continuare ad addossare alla Meloni o alla destra italiana le responsabilità del regime fascista, quasi come se esista una linea di continuità fra il fascismo del ventennio e la destra di oggi. Con il paradosso di indignarsi per i bracci alzati di pochi nostalgici in occasione dei sempre più esigui raduni a Predappio, e non per il sostegno militare ad un Paese che confonde i carnefici con gli eroi.
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